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A., «letterato maturo di età e di sconfitte», in vacanza su un'isola viene abbandonato dall'amata, la sua Musa. Precipita così in un vortice di stati d'animo e pensieri malinconici, che inizia ad annotare in quaderni che «conoscono solo il lamento». Le cronache e le figure che scandiscono il soggiorno, i piccoli spettacoli e drammi che ne emergono, le parabole del suo amico, maestro di «catarsi romanzata» anche nel lutto che lo ha colpito, le fiabe allusive che A. improvviserà con la nipotina e i suoi amichetti, persino le tragedie collettive che in quei giorni «anneriscono i titoli dei giornali»: ogni evento viene intrappolato nei segni e nelle scene dell'amore che finisce, nelle fantasie, nei comportamenti e nei sogni conturbanti che commemorano l'amata. Tutto si sottomette allo sguardo analogico e maniacale dell'umore saturnino, tutto obbedisce al «teatro malinconico».